«Per non restare ai margini il trasporto deve poter trarre le risorse direttamente dal mercato mentre allo Stato spetta l’onere di ridare competitività al sistema. I problemi per chi opera nel trasporto su gomma? Sono tanti – spiegano Alberto Armuzzi, presidente di Legacoop Servizi Emilia-Romagna e Elmo Giovannini, responsabile di CNA-FITA Emilia Romagna – e sarebbe ora che chi ha la responsabilità per farlo si impegnasse maggiormente per governarli».
Il rischio è che le imprese italiane di autotrasporto abbiano sul mercato un ruolo sempre più marginale se non si imbocca con decisione la strada della qualificazione. Il trasporto su gomma è percepito ancora da molti come un costo e non come un valore.
CNA-FITA e Legacoop nel prendere atto favorevolmente come il Governo abbia confermato anche per il 2013 i previsti 400 milioni di euro di contributi per l’autotrasporto – tentano di alzare il tiro considerando superata la fase della rivendicazione pura per tentare di dar peso alle proposte.
Da qui la scelta di dar vita ad un momento di confronto attraverso una tavola rotonda su: “Trasporto merci: governare il cambiamento”, il 23 ottobre a Bologna. A discuterne, oltre ai due rappresentanti delle associazioni che hanno promosso l’iniziativa, Rocco Giordano, docente di economia dei trasporti e della logistica, uno dei massimi esperti del settore, l’assessore regionale ai trasporti Alfredo Peri e il presidente di Unindustria Forlì-Cesena, Giovanni Torri.
«Va fatto un ragionamento serio sulle infrastrutture – hanno sottolineato Giovannini e Armuzzi –: il Passante Nord, l’Autostrada Cispadana, la E45 e la E55 sono tutte opere che vanno realizzate in tempi certi. In Francia la velocità media è di 60 chilometri orari e in Italia di 47: il tempo per percorrere lo stesso tratto di strada è dunque di gran lunga superiore nel nostro Paese e questo provoca costi e consumi più elevati. La competizione si fa anche sull’efficienza della rete logistica».
«Non esiste contrapposizione fra trasporto ferroviario e trasporto su gomma e a chi oppone investimenti nelle ferrovie per aumentare il trasporto merci su ferro – spiega Armuzzi – rispondiamo che è il sogno di tutti gli autotrasportatori fare solo l’ultimo miglio, quello dallo scalo ferroviario alla destinazione finale. Purtroppo questa alternativa in Italia quasi non esiste. Così come non è chiaro quali siano, in Emilia Romagna, gli aeroporti destinati alle rotte degli aerei-cargo o quali interporti vadano privilegiati: quasi ogni provincia ha il suo, ma bisogna fare delle scelte e concentrare le risorse».
«Anche i porti, soprattutto quello di Ravenna, necessitano di investimenti, ad esempio per abbassare i fondali e permettere così l’accesso dei grandi cargo – ricorda Giovannini –. Ma in Italia si contano ben 69 porti a valenza nazionale e tutti chiedono le stesse attenzioni, quando quelli su cui puntare potrebbero contarsi sulle dita di una mano. Insomma, siamo di fronte a una serie di scelte che stanno in capo ai decisori pubblici e che, se assunte nell’ambito di una politica nazionale per la mobilità, sarebbero in grado di influenzare positivamente le imprese private, facendole evolvere e rendendole più forti e competitive».
In Emilia Romagna sono 15.000 le imprese che operano nei trasporti e nella logistica; di queste, oltre la metà aderiscono ad associazioni come CNA e Legacoop. I dati del settore evidenziano che in regione hanno origine oltre 150 milioni di tonnellate di traffico e una percorrenza annua di quasi 16 miliardi di chilometri. Il tutto in uno scenario competitivo sempre più agguerrito. Il processo di “liberalizzazione regolamentata”, avviata nel 2005, non ha prodotto gli effetti attesi, soprattutto sul versante dei prezzi ed oggi le imprese si muovono in un regime di aspra concorrenza con bilanci sempre più all’osso.
«Servono risorse per controbilanciare il forte gap competitivo esistente fra il nostro sistema di mobilità delle merci e gli standard europei – evidenziano Legacoop e CNA –. E occorrono investimenti mirati, ad esempio per spingere verso un accorciamento della filiera; per formare professionalmente gli operatori e per instaurare maggiori collaborazioni fra imprese. Perché la questione è semplice e complessa: sul versante dell’offerta dei servizi o ci si qualifica per governare i traffici delle merci e si porta valore aggiunto per chi produce e chi commercializza, essendo partner, oppure ci si condanna a stare ai margini delle grandi imprese internazionali che operano nel trasporto e nella logistica. Sul versante della domanda occorre essere disposti a riconoscere questo valore, non limitandosi alla mera ricerca del prezzo basso, spesso a scapito di qualità, sicurezza e legalità».

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