Il mercato del credito regionale mostra segnali di selettività crescente. Pur in presenza di un tasso di deterioramento in calo, i tassi d’interesse restano alti, segno di un rischio percepito elevato e di una concorrenza limitata. E calano i volumi di credito concessi alle imprese con meno di venti addetti.
È quanto si evince dal dossier del Centro Studi di CNA Sardegna che prende in esame il mercato del credito nei primi sette mesi del 2025.
In questo periodo si è arrestato il calo del volume complessivo del credito bancario concesso alle imprese della Sardegna per esigenze di liquidità o investimento. Tra gennaio e luglio l’ammontare delle consistenze è addirittura risalito, riportandosi a circa 7,8 miliardi di euro dai 7,6 miliardi di inizio anno. Si tratta di un valore ancora distante dai picchi di metà 2022 (quasi 9 miliardi di euro), ma la tendenza è positiva dopo tre anni di cali progressivi. Tuttavia, una lettura più approfondita delinea un mercato del credito regionale tutt’altro che in salute.
A complicare il quadro vi è un costo del credito che colloca l’Isola tra le regioni dove chiedere un prestito risulta più oneroso, sia per esigenze di liquidità, sia per progetti di investimento. Nel primo caso, il tasso medio praticato per prestiti a breve termine si attesta, a giungo 2025, al 6,8% (Tae sui prestiti connessi ad esigenze di liquidità), oltre 1,6 punti percentuali in più della media nazionale, con solo Calabria e Molise che misurano un livello più elevato. Allo stesso modo, il tasso Taeg sui prestiti (escluse sofferenze) legati a esigenze di investimento di società non finanziarie e famiglie produttrici colloca l’Isola al terzo posto, il 4,9% a giungo 2025, 0,9 p.p. più in alto della media nazionale e alle spalle delle sole Calabria e Basilicata.
La Sardegna, di contro, si contraddistingue per una riduzione marcata del tasso di deterioramento, definito dal rapporto tra i flussi dei nuovi prestiti deteriorati e le consistenze dei prestiti non deteriorati alla fine del periodo precedente (in bonis). Nel secondo trimestre dell’anno è sceso allo 0,8, ben al di sotto della media nazionale (1,0).
“Il rischio è che questa dinamica – è il commento di Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario di CNA Sardegna – se prolungata, accentui la vulnerabilità strutturale del sistema produttivo isolano, riduca la capacità delle imprese, in particolare Pmi e imprese artigiane, di competere e investire; in un mercato sempre più selettivo e in un contesto di profonda trasformazione tecnologica e normativa, la rigidità del sistema del credito rischia di porre un freno alla crescita e all’innovazione dell’economia regionale”.
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