Introdotta per tre anni in via sperimentale nel 2019 con il Dl 4 per sanare alcune omissioni o irregolarità contributive ai fini Inps, la “pace contributiva” ha mantenuto fino a oggi inalterato il fuorviante appellativo ma ha mutato significativamente il presupposto per il suo utilizzo.
Si tratta infatti, più propriamente, di un riscatto oneroso dei periodi non coperti da contribuzione ai fini pensionistici, misura interessante anche per i lavoratori autonomi e artigiani i quali, ricorrendone i presupposti, possono riscattare fino a cinque anni di anzianità contributiva non versata, potendo così colmare quei “buchi contributivi” per periodi di inattività o mancanza di commesse.
Lo strumento, si ribadisce, è stato introdotto nel 2019 e, al termine del periodo di sperimentazione, non solo non è stato reso strutturale, ma non è stato neanche prorogato.
Eppure, l’utilità che se ne può trarre, soprattutto per i lavoratori più giovani, maggiormente esposti alle turbolenze della domanda di mercato e quindi alla continuità contributiva ai fini pensionistici, avrebbe suggerito di rendere strutturale la misura a partire dall’anno 2023, termine della sperimentazione. Ciò non è avvenuto e, nei tavoli di consultazione tra il ministero del Lavoro e le parti sociali che in quell’anno si sono succeduti sui temi previdenziali, la CNA ha più volte espresso la necessità, tra le altre, di riproporre la misura, alla luce delle positive implicazioni che ne possono derivare per il futuro pensionistico dei lavoratori potenzialmente coinvolti. E, in effetti, la legge di Bilancio per l’anno 2024 (Legge n. 213/2023) ha reintrodotto per il biennio 2024/2025 la misura, particolarmente vantaggiosa per chi mira a raggiungere prima il diritto alla pensione e/o a incrementare l’importo dell’assegno pensionistico.
Possono beneficiare della “pace contributiva” i lavoratori “contributivi puri”, cioè quanti non hanno mai versato contributi previdenziali prima del 1996 e che, pertanto, rientrano interamente nel sistema di calcolo contributivo. Limitare l’applicabilità della misura ai soli “contributivi puri” sembrerebbe rispondere a una duplice necessità: favorire i lavoratori relativamente più giovani, maggiormente esposti a carriere produttive e lavorative discontinue, e fornire uno strumento che possa rendere più adeguato l’importo di una pensione calcolata con il sistema contributivo, generalmente e notoriamente meno generoso rispetto al sistema misto-retributivo.
I periodi riscattabili devono essere successivi al 1995 e precedenti al 2024 e non possono essere antecedenti alla prima occupazione, poiché altrimenti verrebbe meno il presupposto della discontinuità contributiva. Questi anni aggiuntivi sono validi sia per l’acquisizione del diritto alla pensione sia per il calcolo dell’assegno pensionistico.
La normativa appare estremamente rigida laddove prevede che, in caso di acquisizione di anzianità assicurativa antecedente al 1996 (magari derivante dal servizio militare svolto), il riscatto effettuato tramite la “pace contributiva” verrà annullato, con conseguente restituzione dei contributi versati.
Ma, a parte questo elemento di rigidità, per chi potrà beneficiarne, tale misura rappresenta un’importante leva per migliorare la propria situazione previdenziale e rappresenta un vantaggio notevole soprattutto per chi ha già usufruito della misura sperimentale tra il 2019 e il 2021, potendo così sommare ulteriori cinque anni di contribuzione.
(responsabile Politiche sociali e previdenza CNA)
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