Nuova definizione di rifiuti urbani e implicazioni per le imprese
Anche a seguito delle molteplici notizie stampa diffuse in questi giorni, è doveroso fare il punto sugli sviluppi riguardanti la nuova definizione di rifiuto assimilato e le ripercussioni che ne deriveranno, chiarendo fin da subito che allo stato attuale, per l’incertezza del quadro normativo, non sussistono le condizioni per permettere alle imprese di effettuare una scelta sul servizio con la certezza di trarne vantaggio.
Occorre subito precisare, che seppure sono stati forniti alcuni chiarimenti utili rispetto alla necessità di coordinare la legge 147/2013 (norma di riferimento per la determinazione della superficie assoggettabile a TARI) con le novità del d.lgs 116/2020, rimangono importanti nodi irrisolti, su cui CNA ha inviato al Ministero una nota congiunta con le altre Confederazioni dell’artigianato.
Un breve riassunto affinché possa essere chiaro l’argomento.
Il Dls. 116/2020 stabilisce che sono rifiuti urbani anche i “rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici…… e prodotti dalle imprese”
In sostanza i rifiuti assimilati delle imprese (a puro titolo esemplificativo tutti li imballaggi di carta e cartone, vetro, plastica e metallo) diventano rifiuti urbani ed i comuni non possono più intervenire attraverso i regolamenti comunali classificandoli come assimilati agli urbani.
Lo stesso decreto 116/2020 stabilisce anche che “le utenze non domestiche possono decidere di conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani (differenziati, indifferenziati e organico) previa dimostrazione di averli avviati a recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi” (azienda privata), e che per poter uscire dal servizio pubblico è necessaria una comunicazione da inviare al Comune dove vige la Tari ed al gestore dove vige la Tariffa Corrispettiva Puntuale obbligando le aziende a tale scelta per 5 anni.
Il nuovo sistema doveva partire il 01/01/2021, ma i comuni ed i gestori non hanno stabilito nuove tariffe e non hanno approvato nuovi regolamenti forse pensando ad una proroga, ed invece la sorpresa del Decreto Sostegni dove, all’art. 30 comma 4 e 5 è indicato che i comuni devono approvare le nuove tariffe entro il 30/06/2021 e le aziende che vorranno uscire dal servizio pubblico dovranno comunicarlo entro il 31/05/2021
Allo stato attuale, nonostante il nostro interessamento a tutti i livelli e la partecipazione a tavoli con il coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali, compresi i gestori del servizio pubblico, non tutti gli aspetti sono ancora stati chiariti. È pertanto sconsigliabile accettare in questa fase proposte da parte di operatori privati che comportino l’uscita dal servizio pubblico perché potrebbe rivelarsi una scelta non vantaggiosa per l’azienda.
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