«Il Governo blocchi la concorrenza sleale effettuata dai vettori stranieri». Con questo slogan, che non ammette repliche o fraintendimenti, la Cna-Fita lancia dal Trentino Alto-Adige la campagna #stopdumping.

«Il Governo e la politica – afferma Piero Cavallaro, referente del sindacato nella Regione altoatesina – devono provare a bloccare il tentativo di apertura indiscriminata dei vettori esteri nel territorio nazionale che praticano forme di concorrenza sleale nei confronti degli autotrasportatori italiani».

All’Europa, attraverso l’azione del Governo, la Cna-Fita chiede di non liberalizzare il trasporto, intervenendo con un’armonizzazione dei costi di viaggio dei vettori stranieri in modo da parificarli, per quanto possibile, a quelli di un’azienda italiana. Si richiedono poi maggiori controlli per contrastare il cabotaggio illegale, soprattutto sulle ore di guida anche per i mezzi al di sotto delle 3,5 ton.
Del resto i dati forniti da Fita per il settore del trasporto merci conto terzi non lasciano dubbi: negli ultimi anni l’autotrasporto Italiano ha perso  importanti quote di mercato per colpa di una concorrenza con la quale non è possibile competere.

A livello nazionale le imprese sono scese da 70.573 nel 2009 a 54.622 nel 2015 (-22,6%), percentuale che si conferma anche nel Trentino Alto Adige, dove le aziende di trasporto sono calate da 1.347 del 2009 a 1.077 del 2015 (-20%, ovvero un’azienda su cinque). Spariscono soprattutto le piccole e medie imprese artigiane (dal 2009 – 25.587 unità), una morìa che, secondo Fita, va attribuita in buona parte a un cabotaggio selvaggio.

Se infatti i dati Eurostat danno una percentuale di cabotaggio in Italia pari al 7%, la percezione del sindacato è quella di una sempre più marcata presenza di veicoli dell’Est Europa superiore al dato statistico europeo.
«Anno dopo anno assistiamo a una vera e propria invasione di operatori stranieri – prosegue Piero Cavallaro – che stanno occupando importanti spazi nel mercato nazionale attraverso forme di cabotaggio non sempre regolare.

Poiché in questi giorni si discutono a Bruxelles le sorti e il futuro delle aziende con le norme contenute nel pacchetto mobilità, è necessario che per la sopravvivenza delle imprese del trasporto e della logistica si adottino urgentemente misure in grado di arginare fenomeni distorsivi della concorrenza. Non possiamo competere con chi in nome della libera circolazione delle merci esegue trasporti con un prezzo del lavoro di 8-10 euro l’ora (per un italiano è di 20 euro – ndR), accompagnati da costi di gestione generalmente più bassi e da una tassazione favorevole». I problemi rimangono quelli storici. Gli autisti che provengono dall’Est (in particolare Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) lavorano anche 100 giorni di seguito, senza mai tornare a casa, vengono pagati circa tre volte di meno in confronto agli italiani e passano la loro vita sul camion. C’è poi l’annosa questione del non rispetto dei viaggi che oggi un vettore straniero può fare in Italia. Pochissimi rispettano – secondo l’associazione sindacale – la regola dei tre viaggi all’interno del Paese per poi uscire. Il giochino di restare nello Stivale «ha già messo fuori gioco quasi 20 mila ditte italiane».

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